Gli accorgimenti utilizzati dai produttori per ottenere un prodotto di qualità superiore hanno inizio dalla lavorazione del terreno: in primo luogo, la conciliazione, che prevede solo l'impiego di letame bovino, l'unico a non influenzare il sapore del prodotto; quindi l'aratura, condotta in modo da ottenere il rimescolamento e la consistenza più idonei allo sviluppo delle patate.
Nella semina vengono poi impiegati solo tuberi certificati esenti da virus. Il diserbo e la difesa parassitaria, in particolare, sono condotti con grande oculatezza, con l'obiettivo di ridurre al minimo il ricorso a prodotti chimici di sintesi e di selezionare gli agenti a minore impatto ambientale.
Quattro le varietà più coltivate: Primura, la più diffusa (70%), Monalisa (10%), Liseta (5%) e Alba (I%), a copertura di tutti gli usi gastronomici. Comune a tutte sono le caratteristiche esteriori dovute alla natura delle terre rosse del Guà: la forma allungata del tubero, occhi superficialissimi, che quasi non si vedono, la buccia chiara, liscia, pulitissima, con la doratura caratteristica che solo poche altre patate possono vantare. A distinguere la patata veneta è comunque una qualità complessiva derivante da un insieme di fattori: impiego di varietà estremamente pregiate, tecniche di avanguardia dalla coltivazione alla raccolta e quindi dalla conservazione alla presentazione con una confezione innovativo. Niente a che vedere con altre produzioni, nord-europee in particolare, dove è privilegiata la meccanizzazione, che abbassa sensibilmente i costi ma costringe a ricorrere a varietà ricche di amido e fibra, adatte a una manipolazione spinta ma per questo più coriacee e meno gradevoli al palato.
Le sorti della patata venera sono rette in massima parte dall'Appa (Associazione Produttori Patate), che riunisce cooperative e singole aziende e organizza produzione e raccolta di circa 600.000 quintali, gestendone in parte il commercio sotto il marchio registrato «Dorata». Gli sbocchi di mercato, al di fuori del Veneto, sono in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e in altre regioni dell'Italia Centrale, nonché in Svizzera e in Germania, mercati pataticoli notoriamente esigenti.
Nella semina vengono poi impiegati solo tuberi certificati esenti da virus. Il diserbo e la difesa parassitaria, in particolare, sono condotti con grande oculatezza, con l'obiettivo di ridurre al minimo il ricorso a prodotti chimici di sintesi e di selezionare gli agenti a minore impatto ambientale.
Quattro le varietà più coltivate: Primura, la più diffusa (70%), Monalisa (10%), Liseta (5%) e Alba (I%), a copertura di tutti gli usi gastronomici. Comune a tutte sono le caratteristiche esteriori dovute alla natura delle terre rosse del Guà: la forma allungata del tubero, occhi superficialissimi, che quasi non si vedono, la buccia chiara, liscia, pulitissima, con la doratura caratteristica che solo poche altre patate possono vantare. A distinguere la patata veneta è comunque una qualità complessiva derivante da un insieme di fattori: impiego di varietà estremamente pregiate, tecniche di avanguardia dalla coltivazione alla raccolta e quindi dalla conservazione alla presentazione con una confezione innovativo. Niente a che vedere con altre produzioni, nord-europee in particolare, dove è privilegiata la meccanizzazione, che abbassa sensibilmente i costi ma costringe a ricorrere a varietà ricche di amido e fibra, adatte a una manipolazione spinta ma per questo più coriacee e meno gradevoli al palato.
Le sorti della patata venera sono rette in massima parte dall'Appa (Associazione Produttori Patate), che riunisce cooperative e singole aziende e organizza produzione e raccolta di circa 600.000 quintali, gestendone in parte il commercio sotto il marchio registrato «Dorata». Gli sbocchi di mercato, al di fuori del Veneto, sono in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e in altre regioni dell'Italia Centrale, nonché in Svizzera e in Germania, mercati pataticoli notoriamente esigenti.