Un tempo la consuetudine era quella di allevare il maiale, venderne le cosce lavorate a prosciutto per comprarsi un nuovo animale e tenere per sé il resto per far soppresse e salami. Pratica familiare ma anche affar di stato visto che di prosciutto veneto si parla già nel Trecento nelle cronache della Serenissima. Da questa tradizione discende l'odierna produzione berico-euganea, gratificata nel 1996 dal riconoscimento comunitario della Denominazione di Origine Protetta (Dop). Il disciplinare descrive un prosciutto «di color rosa tendente al rosso nella parte magra, bianco puro in quella grassa, dall'aroma delicato, dolce e fragrante» scendendo poi in dettagli riguardo la lavorazione delle carni, rigorosamente di Suino Pesante Padano. La zona di produzione si estende grosso modo al triangolo Montagnana-Lonigo-Noventa che fa ponte tra Colli Berici ed Euganei. I 12 produttori, 5 dei quali vicentini, lavorano centomila prosciutti all'anno: a seconda della pezzatura, compresa tra gli 8 e gli 11 chili, giungeranno sui banchi dei salumieri dopo una stagionatura amorevolmente prolungata per 10-12 mesi. A garanzia del consumatore, il marchio del consorzio con il leone alato di San Marco. |