Il culto per i martiri Felice e Fortunato è tra i più antichi delle nostre regioni. Le fonti letterarie, liturgiche e archeologiche confermano la storicità della devozione ai due fratelli vicentini, martirizzati per decollazione ad Aquileia all'inizio del IV secolo d.C. durante le persecuzioni di Diocleziano. Intorno ai loro resti mortali, si sviluppò un sentito culto sia ad Aquileia che a Vicenza, tanto da far nascere una contesa sul possesso delle sacre spoglie che, secondo leggenda, si risolse dividendo i corpi tra le due città e scambiando le teste.
Anche se una recente ricognizione ha dimostrato invece come le reliquie vicentine appartengano ad un solo individuo, le testimonianze agiografiche restano documenti indicativi dell'importanza che il culto martiriale rivestì nella Chiesa delle origini. La figura del martire infatti assume nella fede un risalto particolare: egli è visto come colui che, offrendo in sacrificio la vita per testimoniare la fede, ripercorre la Passione e morte di Cristo. Diventa in questo modo un esempio per tutta la Chiesa, degno della beatitudine celeste, tanto vicino a Dio per i propri meriti da poter intercedere per tutti i fedeli. Ecco perché la memoria dei martiri è per la Chiesa giorno di festa e di celebrazioni speciali, mentre la conservazione delle loro reliquie ha richiesto l'erezione di spazi privilegiati per il loro culto e per l'incontro con Dio. Nella basilica dei Ss. Felice e Fortunato il sacello chiamato anche di S. Maria Mater Domini sembra essere uno di questi luoghi: un martyrium.
La piccola costruzione sorge a fianco del lato meridionale della basilica, in uno spazio cultuale distinto, secondo l'antico uso della commemorazione martiriale. La dedicazione a S. Maria pare ascrivibile al VI secolo, come evidenzia l'epigrafe trascritta da F. Barbarano e da lui rinvenuta nell'architrave della pergula che in origine limitava l'area presbiteriale. Tale iscrizione, oggi perduta, sottolineava il privilegio della maternità divina di Maria, esprimendo, dal punto di vista teologico, l'adesione alle definizioni dogmatiche dei concili di Efeso (431) e di Calcedonia (453). La devozione alla Vergine, che tanta importanza riveste nella religiosità di tutta la Chiesa e di quella vicentina in particolare, esautorava i culti pagani accompagnando la diffusione del Cristianesimo.
Dal punto di vista architettonico il martyrion, risalente tutta probabilità alla seconda metà del V secolo, si presenta all'esterno come un parallelepipedo in mattoni romani spoglio, sormontato da un cubo minore, con abside poligonale. L'interno, a croce greca inscritta, è preceduto da un atrio rettangolare, chiuso al centro da una piccola cupola. Sontuoso doveva essere l'apparato decorativo con le pareti rivestite di marmo proconnesio e le volte ricoperte di mosaici. Ne sono testimonianza alcuni lacerti musivi, tra cui un leone alato simbolo dell'evangelista Marco e una Santa clipeata
Sopra l'altare è conservato un tabernaco ligneo del XVIII secolo e, sotto, le reliquie dei martire S. Felice qui traslate dalla cripta nel 1979.
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