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"Palladio ringiovanito"
Progetti e utopie di Ottone Calderari (1730-1803)

Palazzo Chieraicati, piazza Matteotti, Vicenza

dal 29 maggio al 15 ottobre 1999
orario: 9.00 - 17.00 dal 15 giugno al 29 agosto
orario: 10.00 - 19.00 lunedì chiuso

dipinto di Francesco Boldrini
Ottone Calderari, inocronato d'alloro

In sintonia con la storia e la cultura del suo tempo Palladio (1508-1580) incarna con le opere e gli scritti l'ideale di una architettura classica recuperata attraverso le fonti e le vestigia romane, riproposta e rivissuta.
Lungi dall'esaurirsi con la morte, la sua lezione, grazie soprattutto al moderno veicolo di trasmissione costituito dal trattato dei Quattro Libri, si diffonde precocemente oltre i confini del Veneto e dell'Italia, mantenendosi viva e operante nei secoli a venire. Nasce così quel vasto e composito fenomeno che va sotto il nome di "palladianesimo", che raccoglie sotto uno stesso denominatore realtà diversamente connotate.
Se nel Nord Europa la ripresa del dettato palladiano si configura, già a partire dagli inizi del secolo XVII, come una forza rivoluzionaria, di segno innovatore rispetto alla perdurante tradizione gotica, a Vicenza, nella patria adottiva del maestro, il "palladianesimo" assume di preferenza la forma di una riproposizione ossequiosa e fedele, talora al limite del vagheggiamento nostalgico e fuori del tempo.
A Vicenza, per tutto il secolo XVIII, Palladio continua ad essere per gli architetti operanti in città, dal Muttoni al Bertotti Scamozzi, termine ineludibile di confronto e oggetto di amoroso studio.
Ma è con Ottone Calderari (1730-1803) che la devota ripresa del maestro tende a farsi identificazione in una sorta di transfert storico che, astraendo dalla realtà del tempi nuovi che urgono intorno, si proietta all'indietro nella rievocazione dei fasti di una Vicenza rinascimentale.
La letteratura coeva concorre tempestivamente ad alimentare il mito di questa "reincarnazione", salutando Calderari come "Palladio ringiovanito" (Quatremère de Quincy, 1842) o come colui "ne' la cui gran mente l'immenso genio di Palladio è sceso" (G.B. Velo, 1791). Analogamente fanno le arti figurative, accostando i ritratti dei due architetti in un grande numero di riproduzioni in gesso e nel dipinto di Francesco Boldrini, (vedi foto).
Nasce da questo atteggiamento una utopia, grandiosa e patetica nel contempo, fatalmente destinata a restare in larga parte sulla carta. Del "sogno palladiano", vagheggiato dal Calderari, sopravvivono, conservati presso il Museo Civico di Vicenza e restaurati per l'occasione con il contributo della Banca Popolare Vicentina, 285 disegni, commoventi testimoni dei pensieri e dei progetti di tutta una vita.
Di questi fogli autografi la mostra espone una selezione ragionata, incontrata sui più significativi temi progettuali e sulle più importanti architetture realizzate, presentate insieme alle figure dei suoi committenti.


Andrea Palladio (1508-1580) embodies, through his works and writings, the ideal of classica architecture, which he not only retrieved from Roman sources and ruins but also, in perfect symbiosis with his contemporary culture and history, revised and revived.
His example, far from losing its appeal when he died, spread beyond the confines of the Veneto and Italy (above all thanks io his Quattro libri, a modern vehicle for communicating his ideas) and remained viable for centuries to come. Hence the inception of that vast and composite phenomenon known as "Palladianism", which gathers together diverse and disparate contexts.
If, in Northern Europe, Palladianism assumed a revolutionary force countering the well-worn Gothic tradition from as early as the 17th century, in Vicenza - Palladlo's adoptive home - Palladianism was defiiied by its obsequious and faithful respect for original form, at times verging on atemporal nostalgia.
In Vicenza, throughout the entire 18th century, architects from Muttoni to Bertotti Scamozzi harked back to Pallad'io as an unavoidable model and object of loving scrutiny.
But it is with Ottone Calderari (1730-1803) that the faithful re-evocation of the old Maestro tends, in a sort of historical transference, to become identification with Palladio himself, which, ignoring the reality of besieging modern times, rushes back to reinstate the splendours of Renaissance Vicenza.
Contemporary writers joined forces in a celebration of the myth of a Palladian "reincarnation", hailing Calderari as a "rejuvenated Palladio" (Quatremère de Quincy, 1842) and as "he, unto whose mind has descended the immense genius of Palladio himself" (CB. Velo, 1791). The figurative arts were equally benign: Calderari and Palladio were often depicted together in many plaster casts as well as in Francesco Boldrini's painting (sce reproduction here).
Hence was born a utopia, both grandiose and pathetic, and, for the most part, doomed to remain merely theoretical. Calderari's much desired "Palladian dream" survives in a series of 285 drawings which are a moving testimony to the architect's lifelong designs and meditations (these drawings are now housed in Vicenzas Museo Civico, and have been restored thanks to the patronage of the Banca Popolare Vicentina).
The current exhibition contains a sclection of his signed drawings, focusing on Calderari's more important designs and buildings along with representations of his patrons.