Una ventina di opere costituisce il nucleo espositivo di Plaza de la Revolución. Il titolo della mostra fa riferimento al celebre falansterio che sorge a L’Avana, “teatro di grandiose manifestazioni” in cui svetta l’immagine di Che Guevara. Durante un suo viaggio nella Perla delle Antille, Marco Neri è infatti rimasto affascinato dall’icasticità e dal valore socio-culturale di questo edificio. Ma la “rivoluzione” cui allude l’artista non ha nulla a che vedere con la lotta di indipendenza del popolo cubano, giacché egli non intende esprimere una posizione politica o polemica, né “provocare” in senso ideologico, ma più semplicemente sovvertire l’immaginario collettivo attraverso la pittura.
Più che la crisi nazionale di Cuba, quello che preme all’artista è esprimere la creatività e la libertà della pittura, perché – come scrive Octavio Paz – «il fine dell’attività artistica non è l’opera ma la libertà. L’opera è una via e niente altro». Ripulite da tutti i loro stereotipi (in primis da quelli turistici), le immagini sono state trasformate in alibi per la pittura, escamotage che ha permesso all’artista di ridiscutere il dato culturale con un dato puramente visivo/immaginifico: quello cioè del colore e delle sue forme. Le opere di Neri non sono quindi destinate al clamore delle provocazioni, appartengono viceversa a un genere di arte che quietamente influisce sul presente, sopportando con stoicismo le brucianti interrogazioni della postmodernità.
In mostra saranno esposti cinque polittici, composti da tele assemblate che in un gioco di incastri ricreano la silhouette del Palazzo della Rivoluzione. Privato dei suoi contenuti simbolici, ovverosia dalla bandiera-effige del Che, l’edificio diventa un involucro asettico e silente, un soggetto nudo e crudo che presta la sua voce al grande tema del “paesaggio”. L’artista svuota infatti il Palazzo da tutti i significati e da tutte le valenze che lo pervadono per estrapolarne soltanto la struttura geometrica, che diventa un esoscheletro della pittura medesima. L’esposizione comprende anche tele di grande, medio e piccolo formato che – letteralmente e visivamente – “ribaltano di senso” la Plaza; alcune di esse ritraggono la Plaza su un cielo rosso-sangue (lo stesso della bandiera cubana, che Neri aveva già immortalato ai tempi del Quadro mondiale alla Biennale di Venezia, nel 2001), altre ancora sono state realizzate con una predominante rosa-chewing gum (cromia dissonante e assolutamente nuova rispetto alla tavolozza del pittore) in cui le false utopie lasciano il posto a un sereno, quanto divertente, panorama “in via di sviluppo” urbanistico.
Marco Neri è nato a Forlì nel 1968. Vive e lavora a Torriana (Rimini) e Ravenna, dove è docente di pittura all'Accademia di Belle Arti. Oltre all’intesa attività espositiva nelle principale città italiane, conta numerose partecipazioni all’estero: New York, Paris, Berlin, München, Vienna, Dusseldorf, Salzburg, Athens, Nurnberg, Koln, Karlsruhe, Frankfurt, Freising, Palma de Mallorca. Il pubblico internazionale ha fatto la sua conoscenza grazie al suo contributo alla mostra Platea dell'Umanità della Biennale di Venezia del 2001, curata da Harald Szeemann. Nel 1996 e nel 2008 ha esposto alla Quadriennale Nazionale d'Arte presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Sue opere sono state esposte e/o si trovano nelle collezioni di prestigiosi musei italiani, tra cui: Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, Galleria d'Arte Moderna di Bologna, Galleria d'Arte Moderna della Repubblica di San Marino, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, Museo d’arte della città di Ravenna, Palazzo della Promotrice delle Belle Arti di Torino, Palazzo delle Esposizioni di Roma, Palazzo Penna, Museo d’Arte Contemporanea città di Perugia, Palazzo dell’Accademia di Genova, Galleria Comunale d'Arte Contemporanea di Monfalcone , Chiostri di San Domenico di Reggio Emilia, Palazzo Ducale di Lucca, Centro Arti Visive di Pesaro, Museion di Bolzano, Trevi Flash Art Museum di Trevi, Galleria Civica d’Arte Moderna di Siracusa, Castello di Rivara-Torino.