Note Storiche sul Torrione di Porta Castello a Vicenza
Il torrione di Porta Castello sorge nella parte occidentale di quello che era la cinta fortificata medievale di Vicenza. La città sotto i Romani ebbe il nome di Vicetia. Compresa fra il Bacchiglione ed il Retrone, efficienti difese naturali a settentrione ad oriente e a mezzogiorno, l'abitato era attraversato da est o ovest, secondo alcuni storici, dalla via Postumia, grande arteria antica iniziato sotto il consolato di Spurio Postumio Albino nel 148 a. C. per collegare Genova con Aquileia, secondo altri, dalla via Gallica.
In ogni caso all'uscita dalla città verso ovest, al termine del decumano che aveva direzione congrua con l'attuale corso Palladio (ma forse non coincideva con questo), doveva essere un fortilizio la cui collocazione si potrebbe ipotizzare nei dintorni della Porta Castello. Secondo alcune fonti, nel secolo XII qui doveva essere una torre dei conti Maltraversi della quale entrarono in possesso gli Ezzelini (1216?) forse per il matrimonio di Ezzelino III con una figlia di Bontraverso dei Bontraversi.
Nei pressi della torre stava lo porta di San Felice dalla quale, nel 1236, allo testa di un formidabile esercito, entrarono a viva forza in Vicenza il sacro romano imperatore Federico II di Svevia ed il suo vicario per la Marca Trevigiana Ezzelino III da Romano che diedero la città alle fiamme nella vigilia di Ognissanti. Ezzelino, durante l'occupazione protrattosi fino alla sua morte (1259), secondo alcune fonti avrebbe costruito ex novo il possente torrione, secondo altri avrebbe sopraelevato e potenziato la torre già esistente a nord della più antica Porta San Felice costituendo così un valido presidio della porta detta Nova (quinta della cerchia).
Dopo Ezzelino, nel 1297, di fronte a Padova che diveniva sempre più forte, i Vicentini si rivolsero ad Alberto della Scala signore di Verona per avere protezione e governo; così Vicenza divenne scaligera.
Nel 1337-38, la Signoria veronese, in guerra con Padova e la lega antiscaligera fomentata da Venezia, intraprese il rafforzamento della cerchia murata.
Grazie a ciò Vicenza rimase scaligera anche dopo la vittoria di Padova. Nel 1343 (17 marzo, podestà Bernardo degli Scannabecchi, nobile bolognese) fu edificato il complesso del castello scaligero di porta Nova San Felice che aveva nell'alta torre ezzeliniana del mastio la sua principale difesa. Non è ben certo se il coronamento merlato munito di torretta che ancora oggi sormonta la poderosa costruzione, sia da far risalire a questo periodo o alla successiva dominazione viscontea.
Il castello, interamente circondato da fossato anche dalla parte della città era ben munita opera militare con quattro torri agli angoli, cortile d'armi, pozzo, alloggiamenti per il presidio, magazzini e scuderie. Attraverso il cortile passava l'androne di transito munito di pusterle, porte carraie con levatoi, saracinesche, portoni e battiponti.
Gli Scaligeri rimasero a Vicenza fino al 1388, quando Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano e vicario imperiale per la Lombardia, alleatosi con i Padovani, prese a tradimento Verona riuscendo così ad occupare contemporaneamente pure Vicenza.
Dopo il dominio visconteo, morto Gian Galeazzo nel 1402, inutilmente i Carraresi di Padova tentarono di impadronirsi di Vicenza perché la città berica, memore di secolari asperrime rivalità, si diede piuttosto a Venezia fornendo così occasione alla guerra che portò alla rovina lo stato padovano con la definitiva affermazione della supremazia veneziana in terraferma.
Sotto Venezia il castello conservò per parecchio tempo un ruolo difensivo.
Nel 1507, nell'imminenza della guerra di Cambray, fu restaurato e rimesso in efficienza; altro intervento si ebbe nel 1536. Perduta l'importanza militare, fu acquistato verso il 1630 dai nobili Valmarana che lo adattarono e residenza.
Il 3 novembre 1805, le truppe napoleoniche del generale Massena attaccarono la retroguardia austriaca, attestata in Vicenza per proteggere la ritirata dell'esercito dell'Arciduca Carlo d'Asburgo, con un furioso bombardamento che arrecò gravissimi danni alla porta e lasciò i suoi segni pure sul mastio.
Del castello scaligero, salvo l'imponente mastio, oggi non rimane più nulla perché tutto fu progressivamente smantellato un po' alla volta dai Vicentini (1767, 1792, 1795, 1797, 1805, 1812). Anche le fosse furono colmate. Scriveva il Rumor con giustificato rimpianto: "Di tanto barbaro maestà più non rimane che un torrione", torrione che riuscì a scampare all'annientamento e ad evitare un rovinoso degrado unicamente grazie al fatto che nella metà inferiore erano stati ricavati alloggi privati.
Superata la secondo guerra mondiale con non gravi conseguenze, il grande mastio è stato fatto oggetto in questi anni di un attento restauro da porte degli attuali proprietari su progetto dell'architetto Pozzato. L'intervento, attuato con cautela e con rispetto per il valore documentale del manufatto, rendendo possibile la visita all'interno e la salita alla ghirlanda merlata, ha finalmente consentito ai cittadini e ai turisti di fruire più da vicino della potente suggestione promanante da questo eccezionale testimonianza dell'architettura fortificata militare del Medioevo vicentino.
a cura del prof. Leone Parolo, del Centro di Studi sui Castelli di Montagnana